Michael Jackson, il Propofol e una morte “preparata”

Accanimento terapeutico fatale. Perché dormire è un po’ morire, parafrasando i poeti, ma se si tratta di Michael Jackson e 60 giorni senza prendere sonno, allora qualcosa non va. Un esperto si è espresso così, durante il processo per la morte del cantante: in sostanza, se non fosse stato per quell’overdose di anestetico (Propofol) il Re del Pop sarebbe morto di lì a poco, morto di sonno, appunto.

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La fase R.E.M.

Atteniamoci ai fatti. Il medico Conrad Murray aveva somministrato il Propofol a Michael Jackson, questo per circa due mesi. Secondo l’esperto, il farmaco non consente un sonno naturale e induce una sorta di coma. Il dottor Charles Czeisler ha detto alla Corte quanto anticipato nell’intro: il Jacko, stando così le cose, sarebbe comunque passato a miglior vita. L’anestetico avrebbe reso impossibile la fase REM, quella in cui si dorme veramente e si rigenerano le cellule e l’organismo. La famiglia di Jackson ha citato in giudizio la compagnia di assicurazione AEG, che aveva assunto lo stesso Murray. Il cantante è morto il 25 giugno 2009. Il medico è stato condannato a quattro anni di carcere per omicidio colposo, nel 2011.

Ai limiti della sopportabilità umana

La fase REM, parliamone. Non è solo quella in cui notoriamente si sogna, ma anche una fase rigenerante per tutto il nostro organismo. Per cui necessaria, indispensabile. Naturale. Il vero riposo per l’uomo, fondamentale per il suo stato di salute psico-fisica. Prima della sua morte, Jackson aveva difficoltà a fare semplici coreografie o a ricordare alcune parole delle sue canzoni. Il dottor Conrad Murray è stato considerato il principale colpevole del decesso di Michael: avrebbe ordinato grossi quantitativi di Propofol da aprile a giugno per un totale di circa 155.000 millilitri. Una dose eccessiva, senza dubbio.

(foto by kikapress.com)

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