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Serena Abrami: “Fossati un esempio, ma non rifarei X-Factor”

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Non si è montata la testa e questo è già un bene. Serena Abrami è passata, in pochi anni, da X-Factor al Festival di Sanremo, stimata da personaggi come Niccolò Fabi (che ha scritto per lei), Max Gazzè (ne ha aperto i concerti) e, last but not least, Ivano Fossati (“a X-Factor andai a fargli i complimenti, ma poi fu lui a farli a me, gesto di umiltà esemplare…“). Una cantautrice “sincera” che rifugge il concetto di album inteso come prodotto: se non hai davvero qualcosa da dire, è inutile pubblicarne uno all’anno. Su questo siamo d’accordo. Grata al Talent Show (“ma non lo rifarei, lì non ero me stessa“), innamorata di Feist e Carmen Consoli e per nulla noiosa da ascoltare: ci regala una breve esibizione (al pianoforte Mauro Rosati, alla chitarra Enrico Vitali) accovacciata sul divano: una di quelle robe artigianali, essenziali, che a noi piacciono tanto…

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Presente: cosa stai facendo?

In sala prove, ad ascoltare tutti i provini dell’ultimo anno e mezzo: stiamo mettendo su il nuovo materiale per il secondo album. Due anni utilizzati per riordinare le idee: il secondo lavoro dovrà essere a mia immagine e somiglianza, lavorando “alla vecchia maniera”. Credo ci voglia un tempo pensato: non sempre è necessario sfornare un disco all’anno, se possibile si può anche aspettare. Ho voglia di dire qualcosa che abbia senso, dovrà essere un lavoro rappresentativo. Voglio che esca al momento giusto, magari a cavallo tra questo e il prossimo anno.

Ci saranno collaborazioni nel disco?

Beh, a livello di scrittura perché no! Ma come cantante vorrei esserci solo io: nel primo c’erano Gazzè, Fossati, Cerasuolo delle Perturbazioni. Adesso tocca a me, devo mettermi in gioco, devo mostrare il mio aspetto cantautorale.

Fossati: hai un aggettivo per lui?

Il pezzo che mi ha scritto lo ha anche pubblicato nel suo ultimo album, un regalo bellissimo… Ivano ha apprezzato il mio timbro e mi ha subito dato fiducia: durante una puntata di X-Factor andai da lui a fargli i complimenti.. alla fine fu lui a farli a me! Un grande gesto di umiltà esemplare. Ero terrorizzata, invece ho scoperto una persona alla mano, uno che non predilige un linguaggio “intellettualoide”. Un modello da seguire: stare con lui mi ha fatto capire che la musica debba essere vissuta in maniera semplice, senza schemi e impalcature inutili, ma dicendo sempre la verità.

Ti faccio altri tre nomi: Niccolò Fabi, Max Gazzè, Luca Barbarossa: ne parliamo?

Sono romani. La prima cosa che mi viene in mente: Max si differenzia dagli altri perché, seppur romano, non è legato agli “ambienti romani”. Nel complesso, sono accomunati dalla generosità, dalla sincerità umana e artistica. Mi hanno dato belle opportunità: interpretare un inedito, nel caso di Niccolò, aprire concerti, nel caso di Gazzè. Mentre Luca è stato carinissimo a ospitarmi più volte da lui in radio: collaborazioni che mi hanno formata, senza dubbio.

“Lontano da tutto”, bella l’idea del cortometraggio: come e dove nasce?

L’idea del corto parte da Rocco Papaleo, che ha girato il videoclip: è stato un lavoro di equipe, ci siamo trovati talmente tanto bene che abbiamo pensato di sfruttare al massimo tutto il girato. Il messaggio che Rocco voleva dare era mettere in evidenza la bellezza di Civitanova alta, un posto fantastico tra la campagna e il mare delle Marche.

Da X-Factor a quel Sanremo: differenze al primo impatto con due mondi diversi?

Sul palco dell’Ariston sono stata me stessa, a X-Factor, invece, ho fatto cose che non mi hanno mai completamente convinta. Ho interpretato dei brani lontani dai miei standard: sono cresciuta molto, anche facendo errori, lo ammetto: lì, tra l’altro, ho incontrato Fossati, mica male come occasione…! Il Festival è stato un modo per presentare una parte di me “più vicina a me”, un’esperienza che mi ha fatto sentire orgogliosa e felice.

A proposito di X-Factor: eri con Noemi nel 2009, c’è qualcosa che le invidi?

Non le invidio nulla, ma ammiro da morire le cose buone che ha fatto. Lei ha lavorato con Fiorella Mannoia, anch’io vorrei sperimentare un bel duetto femminile, con gente come Carmen Consoli, Cristina Donà o Ginevra Di Marco. C’è da dire che Noemi ed io abbiamo fatto un percorso diverso: la mia musica è diversa, ma quando capita di incontrarci è sempre un grande piacere.

Da “Lontano da tutto” a “Ottobre”, da Niccolò Fabi ai Perturbazione: hai cambiato anche direzione musicale?

In mezzo a tutto c’è stata anche una collaborazione con Vicio dei Subsonica, anche se questa cosa è rimasta in sospeso. Il mio prossimo lavoro sarà un mix di folk e pop, senza disdegnare ad esempio, la produzione di Feist, cantante canadese che mi piace tantissimo: saper dosare l’acustico e l’elettronico, ricercare quindi delle sonorità un po’ più internazionali.

Prediligi cantare in italiano? E’ venuta bene la cover di “Walk On The Wild Side”…

Adoro i Velvet Undeground, sono alla base di chi fa musica. In realtà quel pezzo è anche un po’ inflazionato: di grande spessore, anche parecchio conosciuto, insomma ideale compromesso per realizzare una cover molto personale. Mi fa piacere che il pubblico abbia apprezzato.

Canzone che canticchiavi da bambina?

Premessa: ascoltavo Battiato e De Gregori, perché mia madre cantava e suonava alla chitarra brani come “Cuccurucucù” e “La leva calcistica del ’68”. Adoravo il country a stelle e strisce degli America, senza disdegnare le sigle dei cartoni animati, su tutte “E’ quasi magia Johnny”. Ma… Ti stupirò, avevo un debole per “Arrapaho” degli Squallor. Non mi vergogno a dirlo, quello era un disco fantastico!

(foto by OTRLive)

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