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Don Diegoh e Ice One, ‘Latte & sangue’: “Un disco nato per restare” [INTERVISTA]

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Mentre Don Diegoh parlava di Latte & Sangue durante la nostra intervista, ovvero dell’album che l’ha visto collaborare con Ice One, ha voluto più volte sottolineare che il disco in questione è nato con il fine di restare, in “in un’epoca un cui tutto è molto veloce, fugace, e l’attenzione scema in breve tempo”. La sensazione che si ha ascoltando le 17 tracce di cui è composto il lavoro è che l’obiettivo sia stato raggiunto. I brani hanno un notevole peso specifico, anche grazie ad una fusione sapiente di testo e musica che è frutto di un percorso spontaneo, stando al racconto due diretti interessati.

Diciassette cassetti da aprire per trovarci dentro amarezza, ironia, spunti di riflessione, rancore, ma anche amore per le cose e le persone più care. Diciassette tracce in cui Diego, rapper crotonese di nascita, ha voluto “buttare dentro” di getto quanto provato in un periodo difficile della sua vita. “E’ un disco nato in un momento particolare che comunque ricordo con piacere – ha spiegato lui stesso – perché è stato un momento in cui ho capito di essere forte e non dico solo musicalmente. Ho accettato il male e il bene senza proferire parola, cucendomeli addosso”. La musica, come spesso accade, è stata utile a dare sfogo alle emozioni provate, così è nato questo disco che lui definisce profondo‘deep’, come dicono gli inglesi, tra il soul e il funk un po’ torbido”.

“Il disco è serio – ha proseguito – perché non mi piace dire cazzate come certi altri rapper, senza per questo fare paragoni. Ma alla fine io e Seby (ovvero Ice One, al secolo Sebastiano Ruocco) arriviamo sul palco e ci divertiamo. Lui ha inserito degli elementi che hanno alleggerito il tutto. C’è stato anche l’uso del mio dialetto, in alcuni casi, a rendere tutto più allegro”. Vedi Compà, quinta traccia dell’album, aggiungiamo noi. Don Diegoh e Ice One insieme, due generazioni differenti e complementari, anche se Seby ha preferito definirsi un “no generation” nella nostra intervista. In effetti, a parte l’età anagrafica che conta poco soprattutto nella musica, è difficile catalogarlo, in questo senso. Ecco cosa ci hanno raccontato entrambi circa Latte & Sangue, disponibile dal 9 ottobre in digitale su iTunes e in copia fisica su www.gloryholerecords.it per Glory Hole Records.

Com’è nata questa collaborazione?
Don Diegoh: Dopo il mio ultimo album non avrei voluto farne un altro. Per una questione caratteriale, tutto qui: mi andava bene così. Poi all’improvviso è tornata la voglia grazie all’incontro con Seby. Abbiamo iniziato a suonare insieme dal settembre 2013 e prima dell’uscita dell’album abbiamo totalizzato 30 date insieme in cui ci siamo riscaldati. Ma quello che stavamo facendo da un po’ sui palchi dovevamo metterlo nero su bianco.

Ice One: Ho conosciuto Diego sui social, come ormai accade, e ho avuto subito stima di lui come autore, anche se il Diego di oggi è un’altra persona, meno acerba. Ci siamo iniziati a frequentare ai Welcome to the Jungle, eventi organizzati al Brancaleone a Roma, poi è nata questa idea di collaborare con una serie di live. Io avevo già provato a lavorare con altri gruppi in quel periodo, ma non mi sono trovato bene con loro, più che altro come mentalità…Quello che mi ha convinto di Diego non è stata solo la sua capacità lirica di improvvisazione, ma anche la sua abilità nel portare questo “flusso” all’interno di un pezzo. Anche in America i grandi freestyler non fanno mai chissà quali album e gli unici, in Italia, che a mio parere invece ci riescono sono il Danno e Diego.

Cosa ti ha lasciato questa collaborazione a livello artistico, ma anche personale?
Don Diegoh: Mi ha dato molto, mi ha fatto arrivare a una concezione più profonda di cosa voglia dire fare musica e realizzare un progetto, curarlo nei minimi dettagli. Prendendo le basi di Seby, rappandoci sopra senza scrivere sui fogli e poi ridando tutto a lui, per poi aspettare il tempo necessario perché arrangiasse tutto per bene. Un confronto che mi è servito per fortificarmi. Ho trovato una persona che mi ha fatto anche da fratello maggiore, oltre che da collaboratore. Lui è la parte più riflessiva, più saggia, io quella più “cupa”.

Ice One: La collaborazione con Diego mi ha dato la voglia di lavorare di nuovo su un progetto completo. Sempre più spesso si trovano album fatti con basi realizzati da diverse persone, ma a quel punto l’unico artista che segui per intero è il rapper che le usa. Poi però magari finisce che ti piacciono due pezzi e gli altri otto no.

Diciassette tracce non sono poche, come è andato il lavoro?
Don Diegoh:
In 14 giorni avrò registrato più di una ventina di tracce, poi alcune sono rimaste fuori dall’album e usciranno più in là o le terremo per noi, ma queste che abbiamo scelto ci sembravano più consone al disco. Comunque abbiamo qualche asso nella manica, ci saranno un po’ di sorprese.

Ice One: C’è stato un flusso continuo e spontaneo, abbiamo lavorato un po’ “a ping pong”: io facevo le basi, Diego ci metteva i testi e me li rimandava, io aggiungevo un sacco di roba…è stato un continuo “palleggiarci” tra Roma e Crotone. Per altro io non avevo praticamente niente da ridire su quello che lui aveva scritto, c’era la stessa sintonia che abbiamo sul palco. Il mio compito, da producer, è stato anche quello di alleggerire certi pezzi di Diego con una sorta di ironia, che a volte è utile proprio a sottolineare i problemi che ci sono. Un modo per ballare, ma sempre lasciando il cervello acceso.

Per Ice One: Diego si è riferito a te, in un lungo post che ha pubblicato su Facebook (e che noi riportiamo di seguito) uno che “ha già fatto tutto e bene”. In effetti, hai lavorato con artisti come Colle der Fomento, Assalti frontali o Frankie hi-nrg, Diego ha ricordato che alle tue spalle ci sono “rap, basi, scratch, beat box, writing e persino breaking”. Com’è ora lanciarti ora in un nuovo progetto?
Ice One: Non mi è mai interessata l’incidenza sul pubblico, non dovevo tirare fuori per forza un successo. Per me produrre è come respirare, è come il battito del cuore. Il fatto di aver fatto tante cose e nonostante questo iniziare di nuovo da capo mi dà forza. Mi butto ancora in un mare ancora più grosso di quello che avevo prima a disposizione.

Per Diego: per questo disco hai potuto collaborare con molti dei tuoi punti di riferimento nel panorama rap italiano, come Danno, Paura, Masito, Egreen, Il Turco, Kiave, Chef Ragoo. Che sensazione hai avuto?
Don Diegoh: Sono stati dei punti di riferimento per me e a 30 anni sono stato riconosciuto come una persona che poteva dare qualcosa che non dico fosse al loro stesso livello ma che comunque non sfigurasse e ho ricevuto dei consensi incredibili. Mi hanno detto di sì tutti e non si sono limitati a partecipare, ma sono entrati dentro al pezzo. Se la sono vissuta sulla loro pelle, a livello umano e musicale. Questa cosa mi ha fatto “chiudere dei cerchi”: prima li ascoltavo, ora ci faccio musica insieme…l’ho vissuta con estrema serenità, ma questo è un risultato positivo, vuol dire che quello che è stato fatto in questi anni è buono.

Tutto Qua, realizzato con Francesco Paura, Danno e Dj Argento, è stato il primo disco estratto dall’album ed è stato accompagnato anche da un video. Come mai questa scelta? Cosa rappresenta questo pezzo?
Don Diegoh: Abbiamo scelto di partire con un pezzo denso, solare, con un video semplice. Un singolo che mettesse al centro l’hip hop e non quanto siano fichi i rapper. Volevamo rivolgerci alla nostra gente. Avevamo anche dei pezzi più radiofonici e introspettivi, probabilmente, ma personalmente ho preferito questa canzone perché sono uno di quelli che scrive poco di hip hop, piuttosto preferisce farlo, ma volevo parlarne così.

Ice One: E’ un manifesto che parla dell’hip hop come mezzo espressivo. Ci sono persone che infarciscono il loro album di questo concetto, ma non si può essere così autoreferenziali! Così come lo scopo della musica non può essere solo il successo. E’ un pezzo che dice: “Questo è quello che stiamo facendo, né più né meno.

A proposito degli artisti emersi più recentemente nell’ambiente hip hop, cosa ne pensate?
Don Diegoh: Ascolto nuovi nomi, alcuni di loro mi chiedono consigli. Sono contento se posso dare loro un input che io, invece non ho avuto. Mi sono formato da solo, diciamo. Ma in giro escono anche novità dense di significato profondo. C’è un sottobosco in Italia di persone che fanno le cose come andrebbero fatte e credo che la gente ancora sappia riconoscere le cose fatte bene, in cui c’è il cuore.

Ice One: La creatività si è abbassata molto, anche per via della cultura generalista. Ma non tanto per ciò che riguarda il pubblico, il problema sta più nel comunicatore, credo. Si è abbassato il livello di qualità di comprensione, ma magari la situazione poi migliorerà. In passato l’hip hop era per tutti, non si escludeva nessuno dalle produzioni, non faceva distinzione di generi o classi. Ad un concerto hip hop degli anni ’80 potevi trovarci il manager, il punk, il dark…ora mi sembra non sia così.

Foto: Ufficio stampa

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