Megan Three Stallion, dieci anni di carcere all’uomo che le ha sparato

Arriva a una sentenza, non ancora definitiva, il giallo della sparatoria che ha ferito la rapper Meghan Three Stallion

Dieci anni di carcere per Tory Lanez. La sentenza, che sarà impugnata dall’imputato e dai suoi legali, è stata ufficializzata ieri dai giudici dell’udienza che otto mesi fa aveva sancito la colpevolezza dell’uomo, accusato di avere ferito al piede la rapper durante una lite che si era conclusa con una rissa e una sparatoria.

Tory Lanez, anche lui rapper – il cui vero nome è Daystar Peterson – era già stato condannato a gennaio ma la sentenza è stata rinviata più volte dopo che l’assunzione di un nuovo consulente legale da parte di Peterson e la richiesta di un nuovo processo.

L’autodifesa dell’imputato

Gli avvocati di Peterson-Lanez ovviamente hanno già impugnato la sentenza: “Siamo rimasti delusi dalla sentenza e speravamo che il giudice avrebbe emesso la libertà vigilata, ma Tory manterrà la testa alta e continuerà a combattere…” ha detto Ed Welbourn, uno degli avvocati del condannato, dopo la sentenza.

L'accusato, Tory Lanez e la vittima, Megan Three Stallion
L’accusato, Tory Lanez e la vittima, Megan Three Stallion – Credits Megan Three Stallion Press Office (VelvetMusic.it)

La condanna è arrivata dopo un ultimo appello da parte del rapper, decisamente molto intenso da un punto di vista emotivo: “Sono di fronte a voi come il padre di un bambino di sei anni che ha bisogno di me in ogni fase del percorso – ha detto Peterson-Lanez al giudice David Herriford – c’è un malinteso sul fatto che io fossi un mostro, senza rimorso. Ma questo semplicemente non è vero. Sono stato stupido, ma non sono un mostro. Quella notte, eravamo tutti ubriachi, ho detto cose che non avrei dovuto dire”.

Megan Three Stallion-Lanez, rapporti controversi

Lanez-Petersen ha cercato in tutti i modi di far capire che quello che è accaduto la notte della sparatoria è stato un momento di eccesso senza responsabilità oggettive. Una tesi completamente diversa rispetto a quella della procura che parlava di un’aggressione determinata dalla misoginia e dalla gelosia dell’imputato… “La vittima era una mia amica, tengo ancora tanto a lei. Entrambi abbiamo perso la madre, ci siamo seduti e abbiamo bevuti fino a perdere qualsiasi freno. Mi assumo la responsabilità di tutto ciò che ho fatto di sbagliato quella notte. Ma non sono un mostro. E non sono una persona che non crede nell’auto. Ho un disturbo emotivo, mi sto curando, sto d atempo davvero cercando di essere una persona migliore. Se mi concederete questa possibilità, dimostrerò che il vostro buon senso avrà avuto ragione…”

Davanti ai giudici scorrevano immagini di Peterson-Lanez con la madre, i figli… tutto nel tentativo di dimostrare la sua buona fede in un episodio controverso. Gli avvocati hanno presentato persino una lettera del figlio di Peterson, indirizzata direttamente al giudice. Oltre a numerose iniziative benefiche che hanno l’imputato nel ruolo di promotore.

Un appello estremamente organizzato e accorato che ha funzionato solo fino a un certo punto.

Megan Three Stallion, la sentenza per la sparatoria

Un’iniziativa che il vice-procuratore distrettuale Alexander Bott ha ridimensionato con sarcasmo: “Forse ci siamo sbagliati ed eravamo qui per assegnare un premio all’uomo dell’anno e invece siamo qui per un atroce atto di violenza che l’imputato ha commesso contro una donna indifesa. Le azioni di un misogino e di un codardo”.

Megan Three Stallion, dal giorno della sparatoria zoppica
Megan Three Stallion, dal giorno della sparatoria zoppica – Credits Megan Three Stallion Press Office (VelvetMusic.it)

Assente Megan Three Stallion (vero nome Megan Pete) che ha firmato una dichiarazione giurata: “Dopo tutto quello che è successo, non riesco a stare nella stessa stanza con Tory. Ha pagato dei blogger per diffondere informazioni false su di me. Ha trattato il mio trauma come uno scherzo quando avrei potuto essere morta. Ha incolpato il sistema, ha incolpato la stampa e negli ultimi tempi sta usando il suo trauma infantile per giustificare le sue azioni. Mi spiace di aver dato fiducia e amicizia a una persona del genere e spero che i giudici tengano conto dell’unica cosa che conta, la violenza che ha commesso e i danni di cui si è reso responsabile”.

Dramma alla lettura della sentenza

La sentenza di dieci anni di carcere è stata accolta con disperazione da Daystar Petersen, portato via dagli agenti del servizio di vigilanza verso il carcere. Inutili i tentativi del rapper e del suo team legale di appellarsi per l’istruttoria di un secondo processo sia di ridurre la pena di questo.

Rigettata a maggio la richiesta di un nuovo processo è arrivata la condanna. Il giudice non ha considerato né la libertà vigilata o una riabilitazione come un’alternativa, così come non ha ridotto la pena in funzione della dipendenza da alcol dell’imputato, o dei suoi traumi infantili. Peterson è già in cella.

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